Una liberazione di massa di animali da un laboratorio di vivisezione in Brasile e la chiusura di un allevamento di primati destinati ai laboratori di sperimentazione in Israele. Queste due notizie, sicuramente positive, sono state il tema della nostra puntata di lunedì. Notizie che abbiamo riportato, rallegrandoci, ma che abbiamo anche cercato di approfondire.
La prima ricorda la liberazione di cani beagle dall’allevamento Green Hill a Montichiari l’aprile scorso: un corteo sotto il laboratorio, decine di persone che irrompono nella struttura e portano via circa 200 animali (cani e conigli, principalmente). Una notizia senza dubbio che ci rende felice e che dimostra la vitalità del movimento in America Latina, ma che ci fa riflettere per il ‘dopo’: anche qui, come a Green Hill, abbiamo visto persone incuranti della propria sicurezza farsi fotografare e filmare a viso scoperto e addirittura, sembra, mettersi a scrivere nei giorni successivi sui social network informazioni su di loro e sugli animali liberati. Liberare animali è fondamentale, ma è altrettanto fondamentale il dopo: garantire la loro sicurezza, quella dei propri compagni d’azione e la propria. Abbiamo anche ragionato sulle differenze tra liberazioni a volto scoperto e a volto coperto, evidenziando in prospettiva alcuni limiti delle prime rispetto alle seconde.
Negli stessi giorni il governo israeliano ha chiuso l’allevamento di macachi Mazor Farm, che deteneva quasi 2000 animali. Ci è sembrato doveroso evidenziare come il governo israeliano da tempo persegua un’operazione di ‘greenwashing’ finalizzata a migliorare la sua immagine internazionale, anche per far passare in secondo piano il trattamento che riserva alla popolazione palestinese